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L'invecchiamento della popolazione è al centro dell'interesse dell'Unione Europea che, dagli anni Novanta, raccomanda ai Paesi membri di riformare i propri sistemi di welfare nell'ottica dell'active ageing. Il rischio di insostenibilità finanziaria dei sistemi di welfare, insieme al comune riconoscimento che le componenti più mature della popolazione costituiscono una risorsa, hanno favorito una concezione di invecchiamento attivo connessa all'inserimento professionale. In tale contesto, la maggior parte dei Paesi europei ha intrapreso percorsi di riforma ispirati al paradigma dell'attivazione che prevede l'abbandono di una visione passiva e risarcitoria dello stato sociale, in favore di una attiva e promozionale. Si parla quindi di Active welfare state, ossia di uno stato che investe nella capacità dei cittadini di partecipare attivamente alla vita delle loro comunità e, al contempo, li responsabilizza tramite criteri di condizionalità per l'accesso ai servizi del welfare. L'ipotesi del lavoro di ricerca presentato nel volume e testata su cinque Paesi (Finlandia, Francia, Italia, Polonia, Regno Unito) è che l'attivazione dei lavoratori anziani possa fungere da banco di prova per l'Active welfare state e, al tempo stesso, rivelarsi una prospettiva fruttuosa da cui confrontare le specificità delle strategie nazionali, anche nel quadro delle linee guida europee che portano alla convergenza. Lo scopo del lavoro è duplice. Da un lato, indagare le politiche di attivazione riferite ai senior, concentrando l'attenzione sull'integrazione tra politiche attive del lavoro, formative, pensionistiche. Dall'altro, riflettere sulle condizioni alle quali l'Active welfare state può rappresentare una risposta adeguata alle sfide cui sono sottoposti i sistemi di welfare europei.